L’alluvione di Salerno, 55 anni dopo

http://img406.imageshack.us/img406/8325/alluvione1954.jpgLa notte tra il 25 e il 26 ottobre 1954, un grosso nubifragio si abbatté su Salerno e la sua provincia, provocando la morte di 316 persone nei comuni di Salerno, Vietri sul mare, Cava de’Tirreni, Maiori, Minori e Tramonti. Da poco più di una settimana è ricorso il cinquantacinquesimo anniversario della tragica alluvione: noi giovani non possiamo ricordare quell’evento, ma per i nostri genitori o i nonni si tratta di un evento indelebile dalla memoria. L’alluvione si generò prima di tutto a causa di un’incredibile mole di pioggia (500 mm in poche ore) che cadde sul salernitano. L’insolita quantità d’acqua generò una serie di frane e smottamenti dai monti che circondano Salerno, soprattutto il San Liberatore e il Pulliero. Un’enorme massa di fanghiglia scese da quei monti e si abbatté sugli abitanti sottostanti, provocando morte e distruzione. Contemporaneamente, la pioggia provocò l’ingrossamento e lo straripamento di alcuni fiumi, a Salerno (Fusandola e Rafastia) e in provincia (Bonea a Vietri sul Mare, Rheginna Maior, Rheginna Minor), che provocarono ulteriori gravissimi danni. A Salerno, le zone più colpite furono i rioni di Canalone, Via Spinosa (vicino Via Monti, zona Teatro Verdi), Annunziata, rione Olivieri e Calata San Vito: si ebbero un totale di 107 morti, di cui 21 mai identificati. Ben 1712 famiglie, invece, persero la loro abitazione nella nostra città. In particolare, a Canalone morirono ben 41 persone: qui il torrente Fusandola, che s’incunea nel terreno diventato un canale (da cui il nome del rione), s’ingrossò a causa della pioggia e delle frane su di esso cadute dal San Liberatore, travolgendo tutto ciò che incontrò sulla strada. La gigantesca mole di fango da qui si abbatté in Via Spinosa, dove crollarono alcuni palazzi e morirono 10 persone. Contemporaneamente, nel centro storico il Fusandola, che scorre al di sotto del manto stradale, s’ingrossò al punto da spaccare la strada. Si creò nella zona un’enorme mareggiata di fango, che corse in discesa per molti metri, distruggendo tutto ciò che si trovava davanti, fino a fermare la sua corsa davanti alla chiesa dell’Annunziata. Qui, i soccorritori videro uno spettacolo terrificante: un enorme ammasso di fango, alto fino alle insegne dei negozi, conteneva masserizie di ogni tipo e, purtroppo, numerosissimi cadaveri. Altri cadaveri furono ritrovati nella villa Comunale, altri ancora in mare, al largo di Santa Teresa, anche molti giorni dopo. Nel Rione Olivieri, si assistette a un altro spettacolo orribile: una frana cadde dal costone roccioso e letteralmente divelse un intero palazzo (palazzo Mazzariello), che fu trascinato fino a mare: si generò un incredibile enorme buco tra due alti palazzi, al posto del quale, prima, c’era il terzo palazzo! (osservate bene il buco lasciato tra i palazzi, nella foto in alto a sinistra…) Ancora a Calata San Vito caddero alcune frane, provenienti dal Monte ‘Carosello’, su cui oggi sorge l’ospedale Da Procida; e anche l’Irno straripò, travolgendo otto persone nel sonno. Il tutto avvenne di notte, rendendo ancora più problematici i soccorsi, che furono, tuttavia, in molti casi, eroici. Gli Ospedali Riuniti San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno, all’epoca ubicati in Via Vernieri, si riempirono di feriti. L’ospedale si rivelò incapace di accogliere tutte le richieste sopraggiunte: fu proprio in quella circostanza che, per la prima volta, si ventilò l’ipotesi di creare un nuovo nosocomio a Salerno.
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Ma i tempi burocratici, poi, fecero slittare l’inaugurazione del nuovo ospedale di San Leonardo addirittura al 1980. All’indomani della tragedia, Salerno si trovò ad affrontare un incubo ancora maggiore: quasi diecimila sfollati! Le case di Canalone, del centro storico e di Calata San Vito erano completamente distrutte. Fu a questo punto che l’Italia mostrò tutto il suo buon cuore, donando molti milioni in beneficenza, in vari modi, ma soprattutto attraverso la ‘Catena della fraternità’, organizzata da Vittorio Veltroni, speaker televisivo: nei primi giorni giunsero a Salerno materassi, coperte e viveri necessari per gli sfollati. Ma, in seguito, arrivarono molti fondi, e anche il governo, presieduto dall’onorevole Scelba, elargì numerosi contributi per la ricostruzione della città. Fu in quel momento che cominciò la costruzione della nuova Salerno, quella a est della stazione ferroviaria. Gli sfollati furono sistemati dapprima in case popolari nella zona di Santa Margherita e Pastena (case ancora oggi abitate); in seguito, attraverso l’operato del sindaco Menna, si decise di costruire interi nuovi quartieri in queste zone. Oggi, la zona orientale di Salerno è la più densamente abitata della città. Tra tanti lutti e drammi vissuti in città, ricordiamo un episodio molto bello: il piccolo Mario Caputo, di quindici mesi, fu ritrovato vivo e in buone condizioni di salute ben tre giorni dopo l’alluvione: era all’interno della sua culla, che galleggiava in una pozza d’acqua. Il ritrovamento destò grande gioia nella folla che vi assistette. L’alluvione del ’54 è dunque un importante episodio di storia cittadina. Io stesso ne ero completamente all’oscuro, fin quando, verso la fine del 2002, mi fu commissionata la tesi di laurea proprio su questo argomento. E devo dire che scoprii qualcosa di drammatico, ma contemporaneamente di profondamente radicato nella coscienza collettiva dei salernitani un po’ più maturi. Voglio dire che i salernitani che la vissero, rammentano la violenza inaudita, la perdita dei propri cari o degli amici, le scene terrificanti che videro, come i morti sistemati in fila nel duomo in attesa di riconoscimento, o la fila nell’ospedale, oppure le personalità che vennero in visita a Salerno, come il presidente della repubblica Luigi Einaudi e il Patriarca di Venezia Angelo Roncalli (che quattro anni dopo divenne Papa Giovanni XXIII), o l’ambasciatrice americana in Italia Clara Boothe Luce. Ma i salernitani ricordano anche come quell’episodio fu l’inizio di una nuova era per la città di Salerno. Essi, con il lodevole aiuto di tutta l’Italia, dovettero rialzarsi, e forse, per la prima volta, trovarono un sentimento comune di appartenenza alla loro città, rimboccandosi le maniche per le loro famiglie, ma anche per Salerno. E dire che provenivano da un altro periodo terribile, la seconda guerra mondiale, che in città aveva provocato ingentissimi danni. Poi, forse, quella ricostruzione col passare degli anni si trasformò in speculazione edilizia, ma questa è un’altra storia. I salernitani trovarono una forza e un’identità collettiva, in quella circostanza, che oggi andrebbe riscoperta. Last but not least, l’alluvione ci ricorda che la nostra regione, e Salerno in particolare, è una zona a forte rischio idrogeologico. Ancora oggi i fiumi Fusandola e Rafastia, pur irrigimentati, scorrono al di sotto della strada; ancora oggi le rocce pendono alle spalle della città. Il Comune ha fatto numerosi interventi di riassetto di queste zone, ma è necessario che l’attenzione dell’opinione pubblica su questi problemi sia sempre viva.

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